Con questo articolo, gli studenti del Liceo Confalonieri di Campagna (Salerno), concludono il loro percorso di Alternanza Scuola Lavoro nell’ambito del coragiossissimo progetto BloomSchool.

Ringraziamo l’associazione culturale James Joyce di Salerno e la nostra prof. Rita Santoro, per averci dato la possibilità, più unica che rara, nell’ambito dell’alternanza scuola lavoro, di venire a contatto con uno dei libri, o “libridi”, da noi così ribattezzato, più controversi di tutti i tempi. Non immaginavamo di trovare un personaggio seduto sul cesso, onestamente, (ci sia concessa questa parola visto che lo stesso Joyce la utilizza) o che Molly Bloom parlasse esplicitamente di mestruazioni. Che figata! È davvero così l’Ulisse di Joyce? Esilarante, divertente, provocatorio? L’Ulisse non è solo un librone da libreria lasciato lì a prendere polvere, in fondo tutto ciò che capita al nostro eroe, non immaginatelo come un Capitan America, potrebbe accadere anche a noi, tutti i giorni. Non è altro che l’odissea di un uomo qualunque, catapultato in una ordinaria realtà. Le disavventure (o avventure, dipende dai punti di vista) di Leopold Bloom sono le nostre e allora forse, diciamo forse, una possibilità in più a questo grande romanzo della quotidianità potremmo anche darla senza sbuffare al solo sentirlo nominare.

La stravaganza delle pagine joyciane attrae, paradossalmente, più noi adolescenti che non un lettore adulto, al contrario di quello che c’era stato detto. I professori ci dicono che Joyce è difficile da capire alla nostra età e invece noi abbiamo capito tutto!  Cosa c’è da capire di uno che sta sul cesso a leggere il giornale? E’ talmente banale che non ne percepiamo la straordinarietà.Un lettore adulto, abituato a una struttura testuale classica, ha più difficoltà ad entrare nel mood Joyciano, proprio perché dotato di una sovrastruttura preesistente. Per noi che abbiamo una mente ancora poco addestrata, poco ingabbiata, forse più creativa, risulta più facile perdonare anche il fatto che Joyce non usi la punteggiatura. Noi che andiamo sempre di fretta, a volte arrancando tra una interrogazione, un litigio con gli amici, discorsi da adolescenti, bè ci sentiamo vicini a Leopold Bloom. Non è noioso,anzi è sempre un po’ alla ricerca di qualcosa, come noi del resto. Forse, sono proprio gli adulti a renderlo barboso, a spogliarlo della sua leggerezza. E diciamocela tutta, la vecchia scuola lo ha reso un libro per pochi eletti e invece, udite, udite, anche noi adolescenti lo abbiamo capito, più dei vecchi professoroni che si vantano tanto, che quasi fanno a gara!

L’ assenza di punteggiatura è in qualche modo legata al nostro mondo. Ne sapete qualcosa del nostro scrivere strambo su Whatsapp, Instagram e Facebook? Noi che gli hashtag ce li mangiamo a colazione. Non siamo nemmeno abituati a pensare al lato proibito delle cose, perché dovremmo scandalizzarci tanto dinanzi a un libro così vero? Abbiamo riso parecchio soprattutto nello scoprire che è possibile scrivere riproducendo i suoni della realtà. Abbiamo inventato parole nuove e il fatto di poterle scrivere durante il laboratorio di scrittura, non ci sembrava vero.

Il punto che ci ha portato a riflettere è l’aver fatto caso all’esistenza di un flusso di pensieri che viaggiano indipendenti dalla nostra volontà, che grazie a quel flusso si può stare in posti diversi contemporaneamente. Joyce ci ha spalancato le porte del pensiero libero e ibrido, dove puoi spaziare e creare cose nel giro di pochissimi secondi. Il pensiero umano, quando non strutturato, è veloce, inafferrabile, vitale, elettrico.

Flusso di coscienza a parte, abbiamo capito anche che portare avanti un progetto culturale comporta impegno da parte degli ideatori, soprattutto in un periodo storico in cui si fa fatica a parlare di cultura in termini di prodotto di massa. Abbiamo capito che scrivere non è uno scherzo, che portare a termine un lavoro di scrittura, anche di un semplice articolo, richiede competenze specifiche. Che la cultura, quella divertente e coinvolgente, dovrebbe essere il motore di tutte le scuole. Con Joyce abbiamo immaginato di diventare scrittori, musicisti, attori, registi, e persino cuochi. Ci è stata offerta la possibilità di fare qualcosa di originale, stravagante e liberatorio.

Alla fine di questo progetto, ci sono stati raccontati tanti fatterelli: tipo che va bene parlare di Joyce e di letteratura ma che per fare questo c’è tanto lavoro. C’è che devi credere in qualcosa, ma che questo non basta se non ci sono cervelli pensanti e tasche piene. Abbiamo capito che un’associazione culturale come quella che ha proposto il progetto alla nostra scuola, vive di tanta passione e tanto impegno anche quando non ci sono i fondi sufficienti a portare avanti un’idea. Perché le idee sono belle ma realizzarle costa sacrificio.

Venire a contatto con Joyce ci ha fornito i mezzi per affrontare una discussione con spirito critico e creativo, sapendo soffermarci sui punti essenziali, non solo di un romanzo, ma della realtà che ci circonda che non è per nulla scontata.

Grazie Joyce!

Gli studenti del Liceo Confalonieri