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Edoardo Camurri ospite d’eccezione della III edizione di Bloomsday

Prestigiosa anteprima della terza edizione di Bloomsday Salerno, che sabato 3 giugno 2017, alle ore 18.30, ospiterà presso il MOA – Museum Operation Avalanche di Eboli (Sa) l’autore, giornalista, conduttore radiofonico e televisivo Edoardo Camurri. Camurri ha condotto su Radio 3 trasmissioni come Tabloid, Radio 3 Mondo, Prima Pagina. Da autore televisivo ha firmato diversi […]

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La III edizione di Bloomsday Salerno al MOA di Eboli

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Il MOA di Eboli

È ufficiale: la terza edizione di Bloomsday si terrà al MOA Museum Operation Avalanche di Eboli (Sa) il 16 giugno 2017.

E così la terza edizione di Bloomsday Salerno si chiamerà, eccezionalmente, Bloomsday@Moa: James Joyce si è fermato a Eboli. Perché prendere e spostare di sana pianta il carrozzone Bloom da Salerno a Eboli? Non era già abbastanza spiazzante l’aver preteso che l’autore irlandese venisse, senza troppi preavvisi, imposto al territorio salernitano? Il punto è proprio questo: non ci piace pensare che Bloomsday – evento già sopra le righe di per sé – crei accomodamenti, né geografici né ideologici. È stato ribadito e scritto più volte, nelle precedenti edizioni salernitane, che Bloomsday nasce con l’obiettivo dichiarato di diffondere il capolavoro joyciano affinché tutti possano goderne.

“Ulisse” non è un libro da leggere. Ulisse è Il Libro da vivere. Non è leggendolo alla prima che capisci qualcosa, forse nemmeno insistendo nel voler per forza capire. Ulisse arriva quando meno te l’aspetti, come un’intuizione. Un flash che dura pochi attimi, giusto il tempo di intravedere un non so che di eroico nelle fittissime maglie di una giornata come tante. È impensabile imporne la lettura, anche a chi davvero vorrebbe, ma a ragione proprio non ce la fa. L’Ulisse di Joyce è (e resterà) l’impresa eroica di pochi coraggiosi.

Eppure a noi joyciani (più corretto sarebbe dire Joyce obsessed) non va giù che proprio Ulisse, vero ed autentico inno alla vita, venga messo alla pari del cubo di rubik. Al contrario, è un testo di facile soluzione, proprio quando non ti ci accanisci più. Ed allora, ecco che ad abbattere le barriere tra il mattone joyciano ed un potenziale suo lettore ci pensa Bloomsday. Vogliamo che almeno se ne parli e che se ne esorcizzi la presunta, talvolta conclamata, illeggibilità. Perché lasciarsi intimorire dalle pagine di un libro che altro non è che una modalità del mentale messa su carta? Illeggibile ed inafferrabile è, tale modalità, in tutti noi, nessuno escluso.

Ci sta, allora, che Bloomsday si scomodi (e scomodi anche i timidi lettori) ad andare proprio nei luoghi che non diresti mai. È quel non diresti mai che quest’anno fa del MOA di Eboli la location perfetta. Assolve e risponde a tutti i punti critici fin qui spiegati e riassunti in due parole chiave: diffusione e decentramento. E se proprio non vogliamo dare spiegazioni troppo idealiste al perché di questo improvviso spostamento dal centro verso la periferia, ci basti varcare il portone del MOA per capire che anch’esso, come Ulisse, non è un luogo, ma Il Luogo. Ne subisci il fascino e l’inspiegabile sentimento di appartenenza. Altro punto in comune con Ulisse. Di luoghi così, che non diresti mai, ce ne sono molti in Campania ed il MOA di Eboli è certamente uno di questi, soprattutto agli occhi di chi si è assuefatto al mood della city, che viene, a torto, concepita come unica cabina di regia possibile. Bloomsday non è solo un evento letterario, ma una frequenza su cui sintonizzarsi per andare un po’ più al di là di quella ineluttabile modalità del visibile, tanto per citare Joyce.

Concludo raccontando un aneddoto molto significativo. In un articolo dell’anno scorso, in occasione di Bloomsday Salerno 2016 – II Edizione, in cui spiegavo che legame ci fosse tra James Joyce ed i finanziatori dell’evento, scrivevo quanto segue: “Un Bloomsday a Salerno è come dire che Cristo si è fermato ad Eboli. Sebbene alla Aliano contadina del 1935, Carlo Levi si ispirò” (Bloomsday Salerno 2016).

Volevo in qualche modo mettere in risalto – in maniera ironica e provocatoria, è chiaro – il fatto che proprio chi di James Joyce non sa nulla, alla fine sceglie di finanziare un evento a lui dedicato. Paradossalmente l’aspetto pop (trash per alcuni), ma allo stesso tempo amaro, della seconda edizione, fu esattamente questo: voler calcare la mano su un’ipotetica working class che avanza con in mano l’Ulisse di James Joyce, come nel Quarto Stato di Pelizza da Volpedo. Il mio articolo faceva, infatti, riferimento ad un’azienda di trasporti, ad un fioraio, a due pizzaioli ed a due personal trainers. Tralasciando però l’aspetto un po’ retorico dell’aneddoto, oggi fa un certo effetto constatare che quel riferimento al Cristo di Levi metteva già in connessione Eboli con James Joyce. Il MOA, che io allora non conoscevo, era in qualche modo già parte del girone joyciano. E se quando dico girone vi viene in mente qualcosa di infernale, non avete intuito male…

Venite a scoprirlo il 16 giugno 2017 presso il MOA Museum Operation Avalanche di Eboli.

Bruna Autuori, curatrice di Bloomsday Salerno